
Il giorno della festa della Repubblica si ricorda l’emergenza ambientale, sanitaria e sociale
Nonostante l’aumento della spesa militare, ora al 3% del PIL, e il recente lancio del programma “Basi Blu” volto ad ammodernare le basi navali della Marina militare, il costo ambientale e sociale rimane altissimo. Commenta Gabriella Caramanica, Segretario nazionale del partito politico REA.
Sardegna e Sicilia ospitano gran parte delle servitù militari italiane, con poligoni tra i più vasti d’Europa, che sono fonte di gravi inquinamenti tossici e malattie diffuse.
In Italia sono presenti circa 250 siti militari, molti dei quali ubicati in aree protette come Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS), soprattutto in Sardegna e Friuli Venezia Giulia. I poligoni più estesi, quali Capo Teulada e Salto di Quirra, ospitano esercitazioni con munizionamento reale, anche da parte di forze straniere e aziende private. Nel poligono di Cellina-Meduna sono emerse contaminazioni da metalli pesanti e torio radioattivo, mentre Salto di Quirra è tristemente noto per l’aumento di tumori e malformazioni attribuiti alla “sindrome di Quirra”.
Le attività di bonifica sono inesistenti: solo l’1,4% del territorio contaminato è stato effettivamente bonificato. I programmi ministeriali di compensazione, come “Caserme Verdi”, mancano di trasparenza e non producono risultati concreti. Le aree militari spesso godono di esenzioni da controlli ambientali rigorosi e sfuggono alle normative regionali, mentre l’intensificarsi delle attività militari aggrava ulteriormente la situazione. Sottolinea Caramanica.
Proprio in questi giorni, in Sardegna, è stata promossa una manifestazione a Cagliari, prevista per il 2 giugno, per denunciare l’emergenza ambientale, sanitaria e sociale causata dalle basi, poligoni e arsenali militari non bonificati non solo in Sardegna, ma anche in Sicilia e in molte altre regioni italiane.
La crescente militarizzazione e l’uso massiccio di risorse pubbliche per armamenti, a discapito delle reali esigenze della popolazione, impongono una seria riflessione sulla necessità di una bonifica autentica e trasparente dei territori. Rilancia il segretario nazionale REA. L’Italia non può più essere una piattaforma militare che sacrifica l’ambiente e i diritti delle persone.
Con il decreto 91/2014 del Governo Renzi, le aree militari sono state equiparate a quelle industriali, con un innalzamento drastico dei limiti legali di inquinamento, evitando così le bonifiche e occultando l’impatto ambientale delle attività militari.
Nonostante numerose denunce e richieste di trasparenza, le istituzioni restano reticenti nella divulgazione dei dati ambientali. Indagini giudiziarie hanno evidenziato discariche belliche abusive e gravi mancanze nei controlli sanitari.
L’impatto sulla biodiversità, sulla popolazione e sulle comunità è drammatico. La militarizzazione del territorio si traduce in degrado ambientale e rischi sanitari reali. Conclude Caramanica.