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Sardegna: impianto fotovoltaico da oltre 107 milioni di ricavi all’anno ai privati

Direttivo Aprile 29, 2024

Perché lo Stato Italiano non investe?

Il caso della Sardegna ci lascia sconcertati. L’acquisto di mille ettari per la realizzazione del più grande parco fotovoltaico d’Europa da parte di una società cinese crea non poco imbarazzo. Commenta Gabriella Caramanica, Segretario Nazionale del Partito Politico Rivoluzione Ecologista Animalista, Rea.

Considerando che l’impianto arriverà a generare 107 milioni di euro l’anno di ricavi, che in vent’anni arrivano a 2,15 miliardi di euro ci chiediamo, trattandosi di una multinazionale, quale sarà il regime fiscale applicato? Il nostro Belpaese è sotto attacco di predatori che acquistano i nostri territori senza limite di proprietà, lo deturpano, fanno affari, senza poi pagare le tasse e magari ottenendo agevolazioni per i contratti dei lavoratori come abbiamo visto per il caso Amazon.

Il progetto è interessante e sicuramente in linea con le direttive legate alla transizione energetica. Inoltre, ai 360 megawatt di pannelli fotovoltaici, sono previsti 40 megawatt di accumulatori alternati a coltivazioni e pascoli. A chi saranno date le concessioni? Quali accordi saranno considerati?

Quello che non si capisce è perché lo Stato Italiano sia incapace di realizzare operazioni nazionali soprattutto per settori strategici come l’energia, lasciando in mano ai privati quello che è un bene essenziale. Cosa vogliamo fare? Ritrovarci nella stessa situazione di dipendenza da realtà straniere come per il gas? 

La società che ha acquistato in Sardegna dipende dal Partito Comunista cinese, ovvero dallo Stato che investe. L’Italia cosa sta facendo? E’ inaccettabile. Prosegue Caramanica.

Proprio oggi si tiene a Torino il Vertice G7 con i ministri dell’ambiente per discutere di clima, fonti energetiche e finanza, in vista del summit dei capi di Stato e di governo del G7 che si terrà a Borgo Egnazia, in Puglia, dal 13 al 15 giugno.

Siamo seriamente preoccupati riguardo alle strategie politiche che saranno definite per rispettare gli obiettivi fissati di una riduzione del 50% entro il 2030 dei combustibili fossili. 

L’accelerazione sollecitata da Bce e Bei non fanno pensare a nulla di buono. Di quali investimenti stiamo parlando? La transizione ecologica non può distruggere il tessuto sociale e il territorio. Ci chiediamo a chi andranno i profitti che verranno fuori dalla creazione di nuovi impianti. In questo contesto sfugge il ruolo del nostro Governo e la coesione dello Stato. 

Non abbiamo la sensazione che sia tutelato il nostro patrimonio paesaggistico e faunistico. Molte aree protette sono minacciate da ingenti cantieri che rischiano di mettere a rischio la biodiversità e gli ecosistemi. Si parla di espropri, di concessione di aree protette e di impianti anche offshore con forte impatto sulla fauna, fauna marina e fondali. Non possiamo barattare il patrimonio indisponibile al migliore offerente. Conclude il segretario nazionale. 

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