#2settembre – La transizione ecologica è necessaria ma deve essere attuata in maniera graduale e non invasiva, considerando anche il settore della ricerca che in questi ultimi anni sta sviluppando nuove tecnologie d’avanguardia meno impattanti e più performative. Commenta Gabriella Caramanica, segretario nazionale del partito politico REA. Stiamo notando in tutta Italia, oltre che in Sardegna, la presa di posizione netta non solo di Comuni ma anche delle Regioni contro quello che è l’invasione delle pale eoliche. E’ evidente che si tratta di una situazione insostenibile: l’impatto ambientale di tali installazioni è doppiamente devastante sia in termini di paesaggio che di fauna e aree protette che in termini di inquinamento.
Gli incentivi fanno gola a molte aziende con elevato rischio di infiltrazione della criminalità organizzata. Sottolinea il Segretario nazionale REA, evidenziando che si sono persi gli obiettivi primari con i quali tutelare gli interessi dei cittadini alla base dello sviluppo delle comunità energetiche e delle economie circolari, scavalcati dai grandi interessi.
In molti paesi europei, tra i quali la Germania, si sta frenando l’installazione delle turbine eoliche in quanto si sta creando l’emergenza smaltimento di tali pale, interrompendo addirittura i sussidi per gli impianti. Quello che non viene specificato è che molte turbine sono impossibili da riciclare a causa dei materiali di costruzione come le pale in fibra di vetro, con processi di smaltimento costosi e altamente inquinanti. L’interesse delle aziende per l’eolico crolla una volta terminati i sussidi perché sussiste una sproporzione tra i costi elevati e i benefici limitati di questa tecnologia.
L’Italia ha approvato con leggerezza il piano strategico per le rinnovabili dando troppo potere come gli espropri per tali progetti senza offrire garanzie a lungo termine. Sembra quasi che non potendo più installare in altri paesi, le aziende multinazionali che devono smaltire le loro produzioni stiano puntando all’Italia per realizzare infrastrutture che nessun paese vuole più avere nei propri territori.